E poi uno se lo domanda, come mai gli stranieri arrivano qui e si innamorano. E mica solo loro, c’è gente che ha fatto follie per venirci a vivere, per rilevare un vecchio agriturismo, per lasciare la vita di una grande città americana in nome di un sogno visionario, per produrre vino e olio, per fuggire dal nord non appena possibile in attesa della pensione, per venire a respirare aria di bellezza.
Ma andiamo con calma, sennò non capite nulla e come darvi torto.
Qualche tempo fa un’amica mi propose di organizzare un “Book at home” (se non sapete di che si tratta leggetelo qui https://francescapetrucci.it/2017/01/10/book-at-home-metti-un-autore-in-salotto/) nell’agriturismo di una sua ex compagna di un’università, quindi un architetto, un posto meraviglioso nel cuore del Chianti, un piccolo podere ristrutturato in modo da lasciare intatto tutto il suo fascino antico e il sapore di quello che era stato una volta, un podere per l’appunto. Che mica tutti lo sanno che cos’è un podere. Io sì lo so perché fa parte della storia della mia famiglia: i miei nonni materni erano mezzadri, di un podere che si chiamava “Il Cappello”, nel Chianti, ma in provincia di Firenze, o meglio tra Firenze e Arezzo. Ho ricordi d’infanzia bellissimi in quel posto, che resteranno per sempre nella mia mente e nel mio cuore come un regalo. Il grande cascinale, con le stalle sotto, poi la casa sopra cui si accedeva da una tipica scala di lato. A fianco il fienile. La cucina enorme, con il camino a sei posti e le stanze da letto piccole. L’odore del fieno, degli animali. Erano loro, in realtà, la vera attrazione per me. Mucche, vitelli, conigli, galline, gatti, cani, oche, nane, tacchini, maiali. Il paradiso, in poche parole, al quale potevo accedere indisturbata peraltro, osservando poche e semplici regole che i nonni dettavano. Uno non rompere le scatole che la vita del contadino non concede spazi per star dietro ai marmocchi, due non entrare nel recinto della scrofa, tre non entrare nella gabbie dei conigli (quest’ultima regola l’ho infranta diverse volte a essere sincera).
Quanti ricordi, che sono affiorati in un attimo guardando le foto del Podere Terreno alla Volpaia http://www.podereterreno.it/, e ho detto subito sì organizziamo, che questo posto mi piace parecchio.
E così ho conosciuto per telefono Cristina, la proprietaria dell’agriturismo che si è detta subito entusiasta di organizzare un evento del genere, anche se per lei era un’esperienza nuova. Ci siamo sentite diverse volte, per parlare dei dettagli e poi è arrivata la data e con Ilaria, l’amica che ha fatto da tramite, siamo partite.
Un paio d’ore da Pisa ci vogliono, ovviamente mettendo in conto che non è detto che si prenda la strada più breve, per arrivare a Radda in Chianti.
Io ero in pessima forma fisica, nel bel mezzo di un maledetto virus che mi ha tenuto a digiuno per tre giorni con terribili dolori di stomaco, ma pazienza, al Chianti non volevo rinunciare. E ho fatto bene.
Il posto è stupendo esattamente come lo immaginavo e lo avevo visto in foto. Ci accoglie Cristina, sorridente e indaffarata; è subito aria di casa.
Colline, filari, ulivi, un cascinale in mattoncini, con una bella scalinata piena di fiori, un’aia dove comode poltrone che di lì a poche ore accoglieranno gli ospiti per il nostro Book at Home. Cristina ci offre pane fatto in casa e olio, anch’esso di sua produzione. Ci riposiamo in attesa che arrivi l’ora del fresco, e della presentazione. Le stanze sono molto curate, con uno stile retrò che dona fascino e familiarità insieme. Nella grande sala un bel camino, adesso spento!, e una lunga tavolata dove gli ospiti mangiano tutti insieme. La padrona di casa intanto armeggia in cucina, chissà cosa sta preparando per la cena, in teoria un semplice buffet, ma sono sicura che non sarà così.
Arrivano gli invitati e si fanno le presentazioni di rito, verso le sette partiamo a parlare del libro, o meglio lo fa Sara Ferraioli, presidente MdS, per nulla contenta di essersi ritrovata nel ruolo di moderatrice, dato che detesta parlare in pubblico anche se lo sa fare molto bene. Letture, domande, commenti, poi con naturalezza si passa al cibo, e al vino. Non mi ero sbagliata, Cristina ha preparato un sacco di prelibatezze dal gusto tutto toscano, annaffiate dal vino di sua produzione, io non l’ho assaggiato ma tutti dicono che sia ottimo. Si avvicina l’ora dell’imbrunire e si alza una brezza piacevole mentre le colline di fronte si tingono di rosa. Uno spettacolo che nessuna sala cinematografica potrebbe eguagliare.
Chiacchieriamo con gli ospiti, ci sono i “vicini” di casa, che stanno sul poggio di fronte (diversi minuti di macchina scopro in realtà), altri vengono da Padova, un’altra coppia da Venezia, tutta gente che ha comprato una casa innamorandosi di questi posti, con il desiderio di rifugiarvisi ogni attimo libero. Alcuni sono stranieri, che insieme all’amore per le colline hanno trovato qui quello della loro vita… Poi ci sono i genitori di Cristina, suo fratello la cognata e le loro bellissime bimbe. In tutto una trentina di persone, una cosa intima, familiare, dove l’attenzione passa dai libri al cibo, al vino, alla bellezza mozzafiato in cui ci troviamo immersi.
Poi arriva Nora, scusandosi per il ritardo: “dovevo finire di dare da mangiare alle capre” si giustifica. Verissimo, Nora, newyorkese trasferitosi qui negli anni Settanta, alleva capre, ne ha 250. Che detto così pare una cosa qualsiasi, ma lei non è una donna qualsiasi e nemmeno la sua attività: la “CHIANTI CASHMERE GOAT FARM” http://www.chianticashmere.com/ è il primo e più grande allevamento di capre cashmere in Europa. Mica bruscolini, si direbbe a Pisa. Nora ci affascina con il racconto del suo arrivo in Toscana, nel ’72, proprio al Podere Terreno dove gestiva i cavalli e portava i turisti a fare passeggiate. Ci racconta che era molto diverso e che un giorno, proprio durante una girata a cavallo, si imbatté in quella che sarebbe diventata casa sua, poco più di un rudere allora, e di cui si innamorò.
Poi vennero le capre e l’idea dell’allevamento. Poi vennero anche i lupi, continua Nora. I lupi? Chiediamo noi stupite, sì. E parecchi, che creano non pochi grattacapo. Oltre a mangiarsi le capre, un bel problema, per il quale, ci dice, non riceve alcun supporto né risarcimento per le gravi perdite subite. E così si è attrezzata con recinti elettrificati e soprattutto con 12 pastori abruzzesi, l’unica vera garanzia anti-lupo.
La serata scorre piacevole, rilassata, continuiamo a parlare con gli ospiti e strappiamo a Nora la promessa di mostrarci l’indomani mattina il suo allevamento, che si trova appunto “sul poggio di fronte”.
Ci svegliamo presto, il panorama dalla finestra è una cartolina, credo che mi susciterebbe lo stesso stupore anche se lo vedessi ogni giorno, perché non sarebbe mai lo stesso: lo osservo in silenzio e lo immagino mutare con lo scorrere delle stagioni. In autunno, per esempio, quando si tinge di rosso e di arancio, deve essere una meraviglia. Una buona occasione per tornarci. Adesso invece è fine giugno e fa un caldo incredibile, ma niente ci ferma, le capre ci aspettano! Fatta colazione sul tavolone tutti insieme si parte. Altro che poggio vicino, dieci minuti di macchina servono tutti! Ma vale la pena, il posto è mozza fiato.
Nora, con quel modo di fare asciutto e il suo forte accento anglosassone, ci chiede se ci dà fastidio che le capre ci vengano addosso e tutti rispondiamo di no, così entriamo in uno dei vasti recinti dove pascolano libere, in compagnia di un gigantesco pastore abruzzese (che scopriamo poi essere una femmina) che cavalca giù per la collina venendoci incontro con passi da gigante. Che intenzioni avrà? Le mostra subito: raccattare coccole a quattro palmenti, anzi a quattro zampe, che chissà quando le ricapitano tanti umani tutti insieme: non essendo lupi, si può concedere una pausa di relax dal suo duro lavoro di guardiano. Anche le capre non sono da meno, è evidente che sono abituate al contatto umano e ci si fanno tutte intorno in cerca di cibo. Nora ci spiega che vengono “pettinate” a mano, una per una, per ottenere il cashmere che darà poi origine, dopo una particolare lavorazione che ci spiegherà a breve nel piccolo shop, a stupendi manufatti.
Visitiamo anche lo shop appunto dove ci illustra le varie fasi, come viene trattata la lana e quali sono le difficoltà che si incontrano nel lungo processo. Molto interessante.
Prima di andare passiamo nella zona “agriturismo” dove affitta una casa con piscina e splendida vista su capre e colline dove vorrei restare per un mese.
E invece è già l’ora di salutarsi, con la promessa che sia almeno un arrivederci.
La stessa facciamo a Cristina, tornando al podere Terreno a prendere le nostre cose e a rinfrancarci con una bella fetta di pane e olio buono.
Non sono posti da cui ti stacchi con facilità, questi. Ti si spalmano addosso, i colori, i profumi, i profili, e restano appesi al cuore come i panni stesi dietro casa che sventolano al vento caldo dell’estate.
Ci avviamo per le tortuose strade che attraversano le colline e che, almeno, permettono un distacco graduale e dolce, prima di tornare “nel nostro tempo”. Perché il Chianti è senz’altro un luogo dove le lancette si fermano, e non le guardi più, dove il tempo si inchina umile riconoscendo di non aver alcun potere sul fascino di quel paradiso che resta intatto e intoccabile con il trascorrere degli anni.