Il treno va preso quando passa: non è mica vero

Salgo sul treno, io il biglietto anche se lo faccio online lo stampo sempre, per averlo sott’occhio e non sbagliare orario, carrozza, posto o treno. Treno? E come si fa a sbagliare treno? Si fa. Cioè io l’ho fatto, una volta, con mio figlio al seguito. Sono salita su un treno che andava ugualmente in un posto da un altro: solo che era quello prima.

E me ne sono accorta a mie spese: dopo dieci minuti che discutevo animatamente sul motivo per cui i nostri posti erano occupati con il controllore, il buon uomo mi prese il biglietto – anche in quell’occasione stampato – per farmi notare che avevo preso il treno sbagliato: si vede dal numero. Anche quello andava in quel posto sì, anche quello era partito da quell’altro posto sì. Solo dieci minuti prima. Vabbe’, non è che una persona normale ci poteva arrivare. Ma perché mettete due treni che vanno nello stesso posto a distanza di dieci minuti uno dall’altro? Lo fate per confondere la gente, ammettetelo.

Il controllore fu impietoso: ci toccò scendere alla prima fermata e attendere l’arrivo del treno successivo – quello giusto – per montare su quello e impossessarci finalmente dei nostri posti. Sennò toccava una bella multa e poi comunque posti liberi sul treno su cui eravamo saliti clandestinamente non ce n’erano. Il mio figliolo commentò con un: “mamma sei proprio un caso disperato, che figura abbiamo fatto!”.

Comunque alla fine andò bene, anche se non benissimo effettivamente: scesi alla prima stazione, volammo a un altro binario con valigie e bagagli (eravamo di ritorno da dieci giorni di vacanza) e salimmo sul treno giusto. Insomma, ce la cavammo. Con una bella lezione appresa: controllare sempre con attenzione il numero del treno.

Memore di questa esperienza al numero ci faccio parecchio caso da allora, oltre ad orario e destinazione del treno naturalmente.

Ecco che oggi, quindi, salgo con anticipo, per fare le cose con calma, sul Frecciabianca XXXX, carrozza X e mi dirigo verso il posto Y. Occupato. Poco male, spesso ognuno si siede dove cavolo gli pare e quando arriva il legittimo proprietario del posto, con aria scocciata, si sposta.

L’occupatrice abusiva di posto altrui è una ragazzotta che parla al cellulare. Io mi piazzo davanti al posto e attendo, con educazione, che finisca la telefonata, e ci mancherebbe. Poi le mostro il biglietto e le dico che quello sarebbe il mio posto.

– Mi dispiace ma è anche il mio – fa lei mostrandomi lo stesso posto sul suo telefonino.

Io stavolta ho la coscienza pulita, perché il numero del treno corrisponde, me lo conferma anche una tizia tatuata fino alle orecchie che occupa il posto di fronte e la cosa mi conforta non poco. La maleducata ragazzina comunque alza le spalle con un’espressione che significa “sono cavoli tuoi io da qui non mi muovo”. Ottimo. Un gentile signore allora interviene e mi dice: – Guardi intanto può andare al mio posto, X nella carrozza Y, io mi sono spostato qui a fianco a mia moglie. Poi appena trova qualcuno chiede chiarimenti.

Io lo ringrazio e mi incammino verso l’ultima carrozza, ripromettendomi di porre la questione al primo controllore che incontro.

Arriva dopo poco una bella fanciulla riccia che chiede i biglietti e io con molta educazione e aria stranita le chiedo come possa essere successo che siano stati emessi due biglietti con lo stesso posto.

Lei prende il foglio, controlla il numero del treno, della carrozza e del posto, corruga la fronte, non capisce. A un tratto si illumina, sorride e mi fa: – Scusi che giorno è oggi?

E io: – Il 30!

E lei: – Mi fa piacere che lei sia avanti, ma oggi è il 29! E qui che ci sta scritto? – porgendomi il biglietto con aria un tantino da maestrina.

Ci sta scritto 30 settembre, Frecciabianca XXXX, carrozza X posto Y.

Cioè ho preso il treno giusto, ma un giorno prima. E non si può, mi spiega molto gentilmente lei. Cioè il biglietto si può cambiare in stazione, ma prima di partire, al costo di 50 centesimi. Altrimenti il biglietto va rifatto ex novo.

Io le spiego che avrei effettivamente avuto tutto il tempo di fare il cambio in stazione, se solo avessi avuto la minima consapevolezza di aver fatto il biglietto per il giorno sbagliato.

Lei sospira, e armeggia sul suo tablet. Io taccio, non è che potessi fare molto altro. Dopo qualche sospiro mi conferma che no, non c’è proprio un altro modo: qualche posto libero c’è e pertanto devo fare un nuovo biglietto (a prezzo pieno, io avendolo preso con debito anticipo avevo trovato un’offerta) per il treno che ho preso. Altrimenti potrei farmi il viaggio due volte, delle quali una, ovvero quella attuale, gratis.

Io le assicuro che il giorno seguente, il lunedì, avrei tanto piacere di poter essere sul treno di nuovo, ma sarò invece a lavorare, e le escludo la possibilità che io possa truffare Trenitalia facendomi un viaggio gratis.

Lei sospira ancora, ma capisce, evidentemente non le pare proprio che io abbia la faccia da una che frega i viaggi sui treni; mi cerca un posto che resti vuoto fino a Pisa – quello di fronte per fortuna – e mi dice che sono molto fortunata perché c’era appunto qualche posto libero e poi perché c’è lei per la durata della tratta: fosse salito un altro collega non avrebbe potuto farmi questa concessione.

Io la ringrazio perché è stata effettivamente gentile e comprensiva, doti nient’affatto scontate né sui treni né altrove, quanto al concetto che io “sia fortunata” sorvolo perché sarebbe troppo complicato da spiegare.

Mi rimetto a scrivere e leggere, perché nel mentre avevo sparpagliato sul minitavolo un computer, un telefono, una pila di bozze, un libro, i caricabatterie, del computer e del telefono, e le matite, quando, dopo pochi minuti, la controllora carina e comprensiva si ripresenta con un collega più anziano e dall’aria meno bonaria.

Ovvai, penso, lo vedi che quando mi hai detto che ero fortunata non è che ci avevi azzeccato tanto?

Il signore mi fa ripetere tutta la tiritera, gli mostro il biglietto, cartaceo ma che in realtà ho fatto online, lo stampo io perché così sono sicura di non sbagliare, gli spiego rendendomi conto subito della contraddittorietà in essere della mia stessa affermazione. Lui ascolta molto serio e compito. Poi mi dice:

– Lei è stata molto fortunata – eddai – perché ha trovato la collega che si assume la responsabilità di questa cosa, ed è una questione di fiducia tra voi. Non è che noi possiamo fare quello che ci pare. E lei neanche.

Io annuisco e di nuovo ringrazio, dicendo appunto che l’errore è stato mio e che la sua collega è stata effettivamente molto comprensiva. E che, per fortuna, almeno ogni tanto, esiste il buon senso e l’umana comprensione. O fiducia, insomma come la si vuole chiamare.

Anche se io mi sono fatta l’idea che, nel mio caso più che di com-prensione, si sia trattato di com-passione. E menomale poi che non sapeva i miei precedenti, sennò magari sarebbe stata meno compassionevole perché sbagliare, si sa, sbagliamo tutti; perseverare, variando oltretutto i fattori all’interno della stessa tipologia di errore, è invece per pochi. E io, onestamente, sono fortunata. In questo.

Ad ogni modo, per trarre anche una morale da questa mia doppietta di dis-avventure trenesche, mi sento investita del ruolo, anche morale appunto, di sfatare il famoso detto: “il treno va preso quando passa, perché sennò poi non passa più”.

Ecco, non è vero, non lo fate. Diciamo che il treno è meglio prendere quello giusto, sempre, anche se a volte può anche capitare di essere fortunati è meglio prendere quello giusto. Comunque.

 

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