“Montagne in noir”, la prima edizione del festival dedicato al giallo a Bardonecchia

Finisce oggi questa prima edizione, si potrebbe definire l’anno “zero”, di un festival interamente dedicato al genere “giallo”, o noir che dir si voglia, organizzato dall’associazione Torinoir e dal comune di Bardonecchia, che ha ospitato gli eventi presso il Palazzo delle Feste e organizzato parecchie altre cose interessanti che se avete pazienza di leggere ve le racconto.

Facciamo un passo indietro. Per organizzare (bene) un evento di questo tipo, occorre lavoraci parecchio, e partire con larghissimo anticipo.

Ho rivisto l’amico Giorgio Ballario, giornalista, scrittore e presidente dell’Associazione Torinoir (non è che non mi vada di spiegarvi cosa è Torinoir ma secondo me se guardate il sito lo capite meglio http://www.torinoir.it/) al Salone del libro di Torino, a maggio. Stiamo organizzando un festival del noir, ti andrebbe di partecipare? Mi ha chiesto. Ganzo! Ho detto io, che per un torinese non vuole dire nulla ma insomma era un sì. E così mi sono ritrovata coinvolta in questo festival, constatando appunto che prendeva forma – e sostanza – in modo serio, con una fattiva collaborazione tra gli ideatori e il comune di Bardonecchia, cosa assai rara, bisogna che lo dica, ma tanto sul mio blog come al solito posso dire quello che penso senza tanti peli sulla lingua, vedere un comune che si spende così tanto per l’organizzazione di un evento culturale.

È stato il Comune infatti, oltre ad offrire la location per gli eventi, a ospitare tutti gli autori, dando loro rimborso del viaggio e sistemazione in hotel. Torinoir si è occupato di tutto il resto: a partire dalla selezione e dai contatti con gli autori, all’accoglienza, alla predisposizione di un bookshop dei libri, e infine ha pensato (giustamente) anche ad appuntamenti conviviali come “aperinoir” e cene. Be’ non capita spesso di essere trattati con i guanti bianchi!

A Bardonecchia non c’ero mai stata. Ho scoperto subito due cose: primo che da Pisa ci vuole un mucchio di tempo, secondo che è il comune più occidentale d’Italia e della regione Piemonte. Poi ho scoperto anche che è un bel posto di montagna, attrezzatissimo per gli sport invernali e che fa freschino, ma dato che siamo a metà settembre per un posto che si trova oltre i mille metri sul livello del mare mi pare il minimo.

Il festival apre le porte il giovedì, con un appuntamento sugli scrittori “in uniforme”. Il venerdì mattina sono previsti un incontro con le scuole e un aperitivo in noir, io arrivo in tempo per l’incontro con Valerio Varesi e il commissario Soneri che festeggia quest’anno il suo ventesimo compleanno. Non lo conoscevo Varesi, e dice cose sulla scrittura, e sul giallo in particolare, che mi colpiscono molto, trovandomi pienamente d’accordo. Definisce gli scrittori dei “ciappinari”, in dialetto, nel senso che “rubano” pezzi dalla realtà e dalla cronaca in particolare, per ricomporli creando una nuova storia. Un po’ come costruire una macchina nuova e originale mettendo insieme dei pezzi usati, smontati da altre auto. Ricorda poi il ruolo “sociale” del giallo all’italiana, il libro – noir o giallo in particolare – come strumento di indagine sociale, nella quale lo scrittore lavora come uno speleologo. Ci siamo. Si parte benissimo.

Dopo lo scrittore francese Xavier Marie Bonnot, più difficile da seguire perché è stata necessaria un’interprete, ma, come TUTTI coloro che hanno partecipato al festival si è rivelato persona simpatica e partecipe nonostante la difficoltà della lingua. Alle 18,30 tocca alla tavola rotonda per cui sono stata invitata, insieme ad altre tre autrici di gialli: Patrizia Durante, Maria Teresa Valle e Adele Marini. Il titolo la dice già lunga: “Il noir del futuro? Speriamo che sia femmina!”. È toccata al povero Giorgio Ballario la non facilissima posizione (in quanto unico rappresentante del genere maschile) di gestire le nostre analisi che, seppur sviluppandosi su piani e ragionamenti diversi, convergevano su un punto. Anzi su due. Uno: le lettrici sono donne. Due gli scrittori più letti (perché vengono pubblicati molto di più) sono uomini. Non è che su questi dati qui ci si possa girare tanto intorno. Su altro sì, e ciascuna ha espresso, alla luce del proprio vissuto non soltanto di autrice ma anche di lettrice, la sua idea di “scrittura femminile”. Abbiamo conversato per un paio d’ore e saremo andate avanti ancora, se non ci avessero ricordato che l’appuntamento per la cena, rigorosamente “in noir” era orami imminente. Così abbiamo abbandonato il Palazzo delle Feste per dirigerci verso un piccolissimo paese, Rochemolles, al ristorante tipico “L Fouie”, dove ci attendevano per una ricca cena, seguita da quattro letture in noir a cura dell’Accademia dei Folli, ambientate in diversi punti del piccolo paese, particolarmente suggestivi. Un vecchio mulino, il cimitero, una chiesetta, un vicolo. Il tutto a lume di candela, a rendere l’atmosfera ancora più “noir”. Una sorpresa, stavolta tutta organizzata dal comune, davvero originale.

La giornata di sabato è stata intensa e ricca di appuntamenti interessanti e di natura molto diversa fra loro: incontri più tecnici, per addetti ai lavori, in cui si è discusso su “quanto conta la location in un giallo”, oppure sul lavoro dell’editor e dell’agenzia letteraria e su quanto sia difficile “arrivare in casa editrice”. Per l’aperitivo, o meglio Aperinoir, ci siamo spostasti a Campo Smith, a parlare di libri affacciati su una bellissima valle. L’appuntamento più atteso era naturalmente quello con Antonio Manzini, padre letterario del vicequestore Rocco Schiavone, che è diventato una celebrità anche televisiva, nei panni di Marco Giallini.

La sala era strapiena, lui brillante, simpatico, alla mano, romanissimo pronto alla battuta e a rispondere alle domande del pubblico. Come dico sempre vedere tanta gente che si “scomoda” per andare a conoscere e ascoltare uno scrittore è una cosa che fa bene al cuore, dà una speranza insomma. Tutti noi che scriviamo sappiamo perfettamente che “uno su mille ce la fa” e quando ci troviamo di fronte a quell’“uno” fa comunque un bell’effetto. Manzini è stato con noi anche per la cena, gremitissima, stavolta in un rifugio situato nella Valle Stretta, nel comune di Névache: I Re Magi. La polenta, dato che eravamo a 1.769 metri, ci stava benissimo. Dopo cena ancora letture in noir, a lume di lanterna, anche stavolta in suggestivi punti del piccolissimo paese.

L’autore presentato domenica mattina, Bruno Gambarotta, è stato anche lui all’altezza delle aspettative, divertendo e coinvolgendo il pubblico con i racconti del “lato oscuro” della Val di Susa. L’ultimo Aperinoir era dedicato ai bambini e ai ragazzi, ma era arrivato per me il momento di ripartire, purtroppo. Mi sono persa la presentazione dell’antologia “Montagne in noir” scritta dagli autori di Torinoir che ha chiuso il Festival, ma mi consolerò con la lettura del libro!

Che dire, una bella esperienza, di quelle che lasciano un segno, in termini di arricchimento umano, che per me è sempre la cosa più importante. Mi sono sentita da subito “tra amici” anche se l’unico che conoscevo era Giorgio. E questa la prima nota positiva, cui ne seguono molte altre: la bellezza del posto, l’ottima organizzazione degli eventi, la qualità – umana e professionale – degli ospiti, con i quali spero di rimanere in contatto e di poter avere future occasioni di scambio. Tutto questo, c’è di che stupirsi, intorno ai LIBRI. Quegli strani, desueti, romantici oggetti di carta che pare, molti lo pensano, interessino ormai a pochi, pochissimi, soppiantati da arnesi elettronici o più moderne e sofisticate forme di intrattenimento e che invece, magia, sono capaci di creare tante meraviglie. E di aggregare. Libri come strumenti di socializzazione. Che stranezza. E che bellezza!

Complimenti dunque agli organizzatori… e alla prossima!

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