E delfino sia…!

Ebbene sì, ormai è ufficiale, lo possiamo dire: martedì 21 marzo se comprate «La Nazione» (di Pisa) riceverete in regalo un libro, che racconta la storia nientepopodimenoche… del delfino in Arno!

Scrivere questo libro è stato un divertimento, ma anche una bella sfida.

Quando mi è stato proposto dagli amici de «La Nazione», ovvero da Tommaso Strambi e Antonia Casini, insieme alla casa editrice MdS, ovvero Sara Ferraioli, ho trovato subito l’idea entusiasmante, entusiasmo che si è un filino spento, anzi tramutato in panico, quando mi hanno detto i tempi per la consegna del testo pronto e finito con le scarpe allacciate: DIECI GIORNI!

Presente quando nei cartoni animati i personaggi deglutiscono con quel rumore buffo? GULP! Ecco, io. Poi ho detto: CI STO. Siete tutti matti, ma non è che vi posso lasciare nella follia da soli, e così siamo partiti.

Mancava un’altra scriteriata che realizzasse le illustrazioni, negli stessi tempi ovvio, perché avendo pensato a un libro per bambini senza disegni non si poteva proprio fare. Abbiamo subito pensato a Tiziana Morrone che, oltre ad essere una brava illustratrice, ha la capacità di non perdere mai la calma e accogliere tutto con grande entusiasmo e soprattutto con il sorriso. E infatti ha detto subito di sì, aggiungendo anche lei che eravamo una banda di pazzi, naturalmente e che era ben felice di entrarne a fare parte.

E adesso che scrivo? Mi son detta dopo aver buttato giù un progetto di sviluppo del testo, dei tempi e di altri aspetti tecnici sul libro… Bel problema! Per prima cosa mi dovevo documentare: anche se avevo letto gli articoli usciti via via sui giornali e le notizie sul web riguardanti questa vicenda così particolare da aver suscitato la curiosità di tante testate giornalistiche anche nazionali, non poteva bastare.

Dovevo approfondire, parlare con gli esperti, con qualcuno che mi raccontasse la vicenda vissuta in prima persona e anche alcuni dettagli della vita dei delfini che, contrariamente a cani e cavalli, conosco pochissimo. E anche qui sono stata fortunata, incontrando la piena disponibilità del Centro Cetus di Viareggio, di una biologa dell’Arpat (Cecilia Mancusi) e del mio veterinario di fiducia, Davide Senatore, esperto velista e grande appassionato di animali marini. Mi hanno dedicato un pomeriggio, durante il quale ho ricevuto, ordinato e rielaborato le informazioni che mi servivano.

Poi ho pensato a una storia. Quello che non sopporto e che non faccio mai nei miei libri è rendere i personaggi animali “simili agli uomini”, nel senso che occorre dare informazioni veritiere e corrette sulla natura specifica che evidentemente sarà ben diversa da quella umana. Però un espediente narrativo andava trovato. Anche perché alla domanda “come mai questo delfino si è isolato dal branco e si è infilato in Arno?” gli esperti davvero non sanno dare risposta. E allora me ne sono inventata una, da “favola”, immaginando un incontro in mare tra il nostro delfino e un bambino che esce in barca con il nonno.

Anche dare voce al delfino, e non soltanto a lui ma anche all’oca Osvaldo, personaggio realmente esistente, è una libertà della narrazione, ma ho cercato di restituire attraverso questo strumento il punto di vista dell’animale. Non perché possa essere vero che il famoso tursiope abbia instaurato un legame con un bambino, lo si capisce che questo fa parte del piano della fiaba, ma appartiene invece al reale l’idea di vedere gli umani con gli occhi del mondo animale. Noi, abituati a considerare sempre tutto il pianeta un “parco giochi” appositamente creato per nostro divertimento, uso e consumo, proviamo a spostare il punto di vista. Proviamo a ricordare, almeno per qualche momento, che siamo animali anche noi. E come tali a volte sarebbe bene comportarsi. Comportarsi da animali? Ma che razza di affermazione è? Un’affermazione interessante, credete, se ci riflettete un attimo. Ecco, io spero che questo librino, che è anche divertente e leggero e appunto una fiaba, possa suscitare questa riflessione nei grandi e nei piccini.

Non voglio “spoilerare”, come si dice in gergo cinematografico, però vi avverto: il lieto fine non c’è! O almeno non quello che ci si aspetterebbe… Ecco, sappiatelo così poi non ci restate male. Mi sento di dire però che c’è più che altro un “giusto fine”, non è proprio la stessa cosa ma credo ci se ne possa fare una ragione, o no? Me lo direte voi, quando leggerete il Delfino Arno

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