Vatti a fidare delle amiche

Lo volete un consiglio? Spassionato, vero, dal cuore? Se le amiche storiche vi propongono un’uscita, di quelle che da tempo aspettavi, di quelle che ci voleva proprio, ma sì lasciamo a casa mariti figli appuntamenti scadenze lavoro… ecco, in questo caso qui, accettate l’invio certo, ma non vi fidate se vi dicono: abbiamo prenotato il ristorante vegano “per te”. Perché non sapete in che guaio vi mettete, dato che loro non sono vegane (e nemmeno lontanamente vegetariane) per nulla…

Io invece, ingenua e fiduciosa nel genere umano, nonché nelle vecchie amiche ovvio, ne ho gioito pienamente. E mi son detta: ma guarda che carine per una volta invece di fare il solito dribbling fra piatti che contengono più o meno velatamente bestie morte o ingredienti da esse derivati, potrò scegliere tutto quello che voglio dal menù, proprio chiudere gli occhi e puntare a caso il dito con la consapevolezza che finalmente qualsiasi cosa scelta mi andrà bene.

Insomma, un bel gesto, per una volta.

Il posto molto carino, con frasi a tema dipinte sui muri, ambiente silenzioso, luci soffuse. Le luci soffuse sono rimaste, il silenzio per nulla. Una volta che siamo arrivate noi. Ma il bello “aveva da venire” come già recitava l’antifona anticipata durante l’aperitivo: ma dopo il vegano dove si va a cena? Le carote chiediamole crude e festa finita che a cuocerle ci vuole quaranta minuti… Non bevete troppo che stasera a stomaco vuoto poi non si smaltisce… Senta ce li porta altri due crostini, abbia pazienza sa, ma dopo ci tocca il ristorante vegano capisce…

Insomma. Quando la cameriera, dopo un’attesa non da poco questo va detto, si è affacciata sorridente al nostro tavolo per recitare il menù del giorno mi son detta vai ora chi le ferma. Sugli antipasti tanto tanto, anche se alla parola “crudité di verdure” son partite gomitate e risatine sotto i baffi tipo a scuola, ma alle medie però non alle superiori. La risata è esplosa, in stile scolare tra i banchi appunto, quando la poveretta ha pronunciato la parola “TAGLIATA” (di seitan ovvio…con pomodorini, formaggio vegan e rucola). Da lì in poi, sui secondi, è stata durissima a forza di occhiatacce e gomitate far sì che la malcapitata cameriera terminasse almeno la lista dei piatti.

Alla fine abbiamo optato per un mix piuttosto strampalato di antipasti primi e secondi da scambiarci e assaggiare. Dai tanto dopo si passa dal Montino semmai.

Ovviamente ci siamo divertite e anche tanto, forse un po’ meno le ragazze che secondo me hanno sentito e percepito benissimo che quelle rumorose clienti non erano proprio esattamente entusiaste della scelta culinaria nonché dei piatti proposti. Ecco dico, ma perché ci siete volute venire (non l’ho certo chiesto io)?

Si affaccia, ma velato come la nebbiolina che avvolge la città quando usciamo, affamate come lupe loro, rossa di vergogna come un pomodoro io, un dubbio che poi ha preso corpo durante la passeggiata con la quale ci siamo spostate per chiudere la serata in un altro locale del centro e alla fine l’ho detto.

No scusate ma levatemi una curiosità, non è che al vegano mi ci avete portato apposta per prendermi per il culo?

La risata, esplosa tipo quella di fronte alle tagliate di seitan, è stata risposta più eloquente di qualsiasi ovvia e dettagliata spiegazione.

Ma vatti a fidare delle amiche va’… la prossima volta si va alla banca della bistecca e festa finita, e io di certo non mi metterò a chiedere se la bistecca è di tofu o di un animale appositamente fatto fuori per l’occasione, mangerò pane e insalata zitta e buona, a contemplare bestie morte nei vostri piatti. Almeno non si fanno figuracce!

 

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