La crisi di mezza scrittura

Ma non era la crisi di mezza età? Vero, quella è la più famosa, però ce ne sono parecchie altre, di crisi. Per esempio quella di “mezza scrittura”, non lo sapevate? È una questione serissima che, pare, ammorbi e mandi in crisi uno scrittore, o sedicente tale, su tre.

Che poi diciamocelo, sarebbe una benedizione, se ne facesse fuori un po’ di questi brillanti scrittori, o sedicenti tali: ormai c’è più gente che scrive di quella che legge. Ormai chi scrive ha la presunzione di dire: “ah ma io non ho mica tempo per leggere!”. Bravo allora mi par giusto che tu scriva.

Il panorama è questo, capite, come si fa a non andare in crisi. Se un po’ di cervello ce l’hai te la fai la fatidica domanda: “ma io esattamente, che scrivo a fare?”. Potrei impiegare tutto il tempo e la fatica che faccio per metter su un altro romanzo leggendo, ripartendo dai classici per dire, o anche in cose più futili, perché no, me ne vengono in mente almeno una cinquantina: passeggiare con il cane, andare al mare, fare giardinaggio, fare meditazione yoga, darmi lo smalto, uscire con le amiche, cucinare (no, cucinare no, dai)… insomma un mucchio di cose, tra le quali, meno piacevoli ma pur sempre necessarie, tutte le faccende domestiche che qualcuno (io) deve pur fare.

In sostanza: questo terzo romanzo, non c’è due senza tre, va a rilento. La motivazione prima è che “non ho tempo”, perché, a parte darmi lo smalto, tra lavoro, casa, figlio, cane, non è che il tempo per scrivere seriamente sia molto. Anzi, è pochissimo, in passato ho scritto spesso di notte, ho ritagliato tutti i minuti possibili, a volte anche solo dieci, per continuare a buttare giù i testi. Ho imparato a sfruttare i tempi morti, facendomi un “timone” preciso che mi aiutasse a ritrovare il punto ogni volta e a non incasinare la trama. Sì ma che fatica. Tanta, troppa.

Sono a più di metà, direi i due terzi, della prima stesura. Un buon punto, così a prima vista, in realtà il lavoro da fare è ancora immane. A parte finire di scriverlo tutto, che non è comunque cosa da poco, poi ci sono le revisioni. A meno che tu non faccia parte di quella categoria di scrittori, o sedicente tali, che si ritiene pari a Marquez, o Saramago, o Dante o chi vi pare, quelli insomma che sono convinti di aver vergato di loro pugno il Verbo, e guai se gli cambi anche solo una virgola. Ecco io non faccio parte di quella categoria lì. Sono una che scrive e poi butta il testo nelle mani di altri e accetta tutto, forse anche troppo, quello che le viene corretto. E riscrive, e cambia, e riformula. Perfino i finali, come per gioco rimprovero sempre al mio editore, che all’ultimo tuffo mi ha fatto cambiare, nei precedenti romanzi, di tutto: dal titolo, a intere scene e perfino il finale (di BiancoNero). Quindi, per tornare al punto nodale del discorso, il lavoro che mi aspetta è ancora davvero tanto. Il tempo poco, pochissimo, la motivazione, che è poi la cosa fondamentale, piuttosto in crisi.

Eccola dunque la crisi della mezza scrittura: presenta diciamo tre volti. Il primo: io in realtà mica sono una scrittrice, magari… sono una “mezza scrittrice”. E poi se anche lo fossi davvero, credo che il mondo girerebbe parecchio bene lo stesso anche senza i miei libri, ché ne escono anche troppi. Prendiamo i dati del 2018: sono stati pubblicati 61.188 libri e gli editori in attività sono 1.500, mentre i lettori in Italia sono 23 milioni, meno della metà della popolazione. I piccoli editori ovviamente sono la maggioranza e pubblicano “pochi” libri ciascuno (in media), i medi sono il 31,6 per cento e pubblicano da 11 a 50 libri all’anno, i grandi editori sono il 13,6 per cento e pubblicano più di 50 titoli l’anno.

Veniamo al secondo aspetto.  Di libri ne ho pubblicati 11, e collaborato a molti altri di natura antologica, scritto decine e decine di articoli, interviste….quindi la crisi “di mezza scrittura” si riferisce anche al fatto che sono in una fase “di mezzo”, in cui appunto di libri ne ho pubblicati diversi, sempre con piccoli editori indipendenti. Terzo aspetto, già detto, sono nel bel mezzo della lavorazione di un terzo romanzo.

Una crisi tripla, insomma. Non sto messa benissimo. Passerà, non passerà… riuscirò a chiudere questo libro, sarà bello, sarà interessante, piacerà non piacerà, a quanti poi? Tutte domande alle quali al momento non so rispondere.

Mi piacerebbe essere una di quelle sicure, convinta che come me non scrive nessuno, camperei, e lavorerei meglio assai. E invece sono nata con l’arte del dubbio addosso, con il punto interrogativo stampato in fronte, con una telecamera incorporata nel cervello che cambia inquadratura mille volte nelle cose, mostrandomi lati che non sempre avevo preso in considerazione.

Però sono chiorbona. Ecco, sicché, ci tenevo a farlo sapere, se questa crisi della mezza scrittura la passo, in tutti e tre gli aspetti che ho tentato di illustrare, è solo per quello. Per “duraggine” come mi diceva sempre il mio fisioterapista. Se sia una cosa bella o no, non lo so. Forse no, ma tant’è: ognuno utilizza le proprie risorse. C’è chi è convinto, chi è talentuoso, chi motivato o orgoglioso. E poi c’è chi è semplicemente duro.

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