Alla voce

Già che siamo in tema, continuiamo sull’argomento “rincoglionimento animali seri”, passando dai cani ai cavalli. Perché ovviamente ho rincoglionito anche quelli.

I primi due no, ovvero Sorbo e Ruvido (nomen omen, tutto un programma). A quell’epoca ero troppo occupata a far demi-plié e piroette sulle punte, del resto non era stata colpa mia se a 11 anni mi avevano fatto smettere di andare a cavallo, a Coltano, dove avevo iniziato a far salto con grande piacere, e mi ero così buttata, per ripiego, sulla danza classica, che ho continuato per diversi anni, peraltro con grande passione. Finché non è arrivato lui: Corto Maltese. La nostra “storia d’amore” l’ho raccontata nel mio primo libro Carosello in San Rossore, perciò qui la faccio breve e corta: chi la vuole sapere tutta bisogna che si procuri il libro!

Babbo iniziò a dirmi che questo cavallo era diverso dagli altri (che assomigliavano più a cinghiali selvatici che a equidi ndr), e che lui non era capace a pettinargli la criniera, e la coda e pitipì e pitipà. I cavalli li ho sempre adorati, non è che convincermi a dare aiuto nella “toelettatura”, che poi si chiama “grooming”, sia stata una grande impresa. Della serie: ti piace vincere facile Sem… e allora andiamo a pettinare questo Corto Maltese. Inutile dire che fu amore a prima vista, questo puledro maremmanone (migliorato, di nonno purosangue) non solo era bellissimo, ma si rivelò subito ben contento di essere toelettato da mani più attente e delicate di quello di un butteraccio che a malapena gli passava la brusca sulla groppa prima di tirarci su la scafarda.

E io invece lo lisciavo, e lo pettinavo, e gli ungevo gli zoccoli, e gli districavo la coda, e gli davo le caramelle, e gli davo i baci. Eccoci: capite che dal grooming al rincoglionimento il passo è breve… molto breve. Non si baciano i cavalli! Quante volte me lo avrà detto il mi’ babbo. A lungo mi spiegava che deve essere un rapporto equilibrato e chiaro: io sono l’uomo, te sei il cavallo, e si fa quel che dico io. Ognuno il suo ruolo, semplice. Sì Sì, tutto chiaro babbo, e poi facevo cosa mi pareva. Quanto mi garbava, e mi garba, sentire sotto le labbra quella pelle, quell’odore; quelli che amo di più sono i baci sul muso, proprio fra le nari, il punto più morbido che poi dopo loro arricciano il naso. Ma anche in fronte, sul collo, io i cavalli li ho sempre sniffati. Lo dovrebbero brevettare quell’odore e mettere nelle boccette, come il profumo: io lo compro subito. Eau de cheval, perché non ci ha ancora pensato nessuno? E poi a loro piace, magari non a tutti, ma a lui piaceva molto, essere annusato, smantrugiato. E baciato. Lo so per certo, in barba alla Maremma, ai butteri e alle teorie di babbo Sem.

Ad ogni modo ben presto arriva la tentazione: perché non lo monti? Non ci penso neanche, è un puledro, maremmano, io so montare solo all’inglese e poi non lo faccio da diverso tempo, ormai dedita alla danza. Non c’è problema, rispose babbo tutto calmo: ti trovo una sella inglese, e gli si mette un Pelham. E che roba è? Te non ti preoccupare, vedrai ti trovi bene, per provare, qualche volta. Una cosa è certa, io fui un incosciente, ma lui peggio. L’unico che ci mise del cervello, almeno per il periodo inziale, fu il cavallo. Ma chi li conosce non si stupisce, succede sempre così. Quel (poco) che so sulla monta “alla buttera” me lo ha insegnato lui – Corto Maltese – e naturalmente il mio babbo, perché naturalmente nel giro di breve abbandonai sella inglese e strano morso per passare alla scafarda e all’imboccatura spezzata. E ovviamente, neanche a dirlo, abbandonai anche alla danza, che, anche se per un po’ l’ho fatto, era un’attività un po’ complessa da portare avanti insieme alla monta alla buttera. Di lì in poi è stata tutta un’avventura. Dieci anni con questo meraviglioso cavallo che mi ha dato tanto filo da torcere (santo Vildo me lo diceva sempre: non è un cavallo per te!), ma anche tante bellissime soddisfazioni e immense gioie, con gli insegnamenti, non sempre facili da accettare e mettere in pratica, del suo severo padrone (perché il vero padrone di tutti i nostri cavalli è sempre rimasto lui, inutile illudersi).

In questo senso la peggiore esperienza, o meglio la più umiliante, perché Corto Maltese almeno mi amava per i vizi e le galoppate sfrenate, è stata Quinemonte, un bel morello, arrivato dopo Corto, con il quale io però non ho mai legato molto. Un po’ perché ero rimasta attaccata al “mio” cavallo, un po’ perché avendo avuto un bimbo non ho montato per diverso tempo. Babbo tutto contento diceva che lo aveva domato “alla voce”, perché alla sua età, diceva, si era stufato di dover stare tanto a faticare. E così, di nuovo, mi convinse a “provarlo”, vedrai è bravissimo, va alla voce non devi neanche faticare con le gambe. Alla voce c’andava davvero, il problema è stato capire alla voce di chi…

Ben presto infatti, in campo, ci trovammo a discutere, tanto per cambiare, perché quel chiorbone di maremmano non rispondeva a uno che fosse mezzo degli imput canonici: né le gambe, né la schiena, la posizione…nulla!

Ti dico che va indietro pare pagato! Sentenziava Sem incavolato da bordo campo, mentre io tentavo in ogni modo di fargli eseguire la retromarcia, facendo quel che di solito si fa per dare l’indicazione di arretrare a qualsiasi bestia del mondo, credo perfino a un cammello!

Alla fine spazientita gli dissi: senti allora spiegamelo te come si fa perché io proprio non ci riesco! E lui tutto risentito rispose: è la cosa più facile del mondo! Glielo dici! E con il suo vocione intimò: INDIETRO! E quello scemo, con me sopra, fece una retromarcia che pareva telecomandato. Brutto figlio della Maremma! E così però tutto, schioccava la lingua per il galoppo, schhhh! per inchiodare (naturalmente mentre galoppi)… insomma un gran divertimento, montare un cavallo che risponde ai comandi di uno che è a terra, dall’altra parte dello steccato.

Scesi e gli dissi che se non gli insegnava a comportarsi come un cavallo normale io non ci montavo più, perché non è che potevo andare in giro per San Rossore con la sua voce registrata perché quel bischero eseguisse le più normali operazioni.

È andata che come sempre c’ha messo un po’ di giudizio il cavallo, che alla fine, sebbene un po’ controvoglia, si accontentava anche della mia di voce, e qualcosa si combinava… almeno si può dire che, più schivo e davvero di “un solo padrone”, Quinemonte l’ho rincoglionito poco, perché non si prestava. Guarda caso però ben presto babbo pensò di cambiare, di nuovo, cavallo. Quinemonte il tenebroso alla fine non gli riempiva l’occhio del tutto, o forse, come al solito, aveva voglia di un altro puledro da finire di domare, sapendo in cuor suo che sarebbe stato l’ultimo. E così poi è arrivato Velluto, ma questa è un’altra storia…

Un pensiero su “Alla voce

  1. Antonella ha detto:

    Francesca, riesci a mantenermi incollata alle righe del tuo racconto, dall’inizio alla fine. Mi hai fatto ridere e mi hai lasciato a ” mezz’aria” quando il racconto si è concluso perché volevo leggerti ancora ed ancora ! Aspetto il seguito..

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